Niente di personale by Roberto Cotroneo

Niente di personale by Roberto Cotroneo

autore:Roberto Cotroneo [Cotroneo, Roberto]
La lingua: ita
Format: epub
editore: La nave di Teseo
pubblicato: 2018-10-08T16:00:00+00:00


Sabati italiani

Mio padre sentiva musica del suo tempo. Non si condividevano con gli adulti le canzoni, le mode, le passioni, neanche i film. Tutto era separato: i giovani da una parte, i vecchi dall’altra. Mia sorella a un certo punto lo convinse a prendere in considerazione Lucio Battisti. Avevamo in casa un mangiadischi marca Lesa, e un 45 giri di Mi ritorni in mente; il retro era 7 e 40.

L’attacco di Mi ritorni in mente, suonato sul mangiadischi al massimo del suo volume, era un suono primordiale e non si distinguevano gli strumenti. Poi arrivava quella voce ineducata di Battisti a cantare: mi ritorni in mente bella come sei forse ancor di più. Mio padre non ebbe da ridire neppure sull’attacco fragoroso dell’inizio, e registrò quella canzone per lo stereo della macchina. Provai a convincerlo su Gianni Morandi, che amavo di più, ma non ci fu verso: la modernità aveva vinto, gli anni Settanta erano alle porte, e di lì a poco la musica sarebbe cambiata.

Il mangianastri fu sostituito dal Radiofonografo RR 126 della Brionvega, quello disegnato da Achille Castiglioni, con le casse bianche ai due lati. E il disco che suonava, fino a consumarsi era Non al denaro non all’amore né al cielo di Fabrizio De André, con quel “buco del culo” di Un giudice, e io, siccome mi vergognavo, finivo per abbassare il volume poco prima che Fabrizio lo scandisse, a evitare che mia nonna Fortunata ne restasse scandalizzata.

Ma questa cosa che mio padre avesse preferito Battisti a Morandi mi sarebbe dispiaciuta ancora per poco. Crescendo entravo a far parte della modernità perché la musica stava cambiando. E questo riguardava anche uomini di una generazione lontana, abituati a Natalino Otto e al Trio Lescano. Riguardo a mia madre: era solo lirica. Rossini e Verdi, poi con Studio Uno una grande ammirazione per Mina, e ci mancava pure.

Di quel periodo della mia vita ho dei ricordi sconnessi. La radio che informa del “poeta” Pasolini, assassinato, e io che vengo mandato a comprare il pane all’alimentare di fronte al mio palazzo, e sento commentare la notizia a mezza bocca, per non farsi capire troppo. In quella morte c’era qualcosa di scandaloso, che non si poteva riferire. Avrei compreso in poco tempo quale fosse lo scandalo, ben diverso dalle parole timide di quel pover’uomo che tagliava il prosciutto e non sapeva cosa pensare di una storia del genere.

I ricordi frammentari erano i preludi del Clavicembalo ben temperato che suonavo sempre troppo veloci, il primo disco di Franco Battiato, Fetus, che ascoltava mia sorella, il disco Aria di Alan Sorrenti che non era per niente un figlio delle stelle e si ispirava a Demetrio Stratos e la Cadenza del Concerto Grosso dei New Trolls con un Luis Bacalov ancora sconosciuto. Forse c’è ancora Topolino, nelle letture, ma anche I fratelli di Soledad e Fontamara.

E poi si dice che allora non si era multitasking. Eccome se lo eravamo. Ho un elenco in mente di libri che giravano per casa in quel tempo. L’Antologia



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